Black Bullet – Capitolo 1-3

Finalmente una nuova parte del capitolo 1 di Black Bullet!
Enjoy!

Capitolo 1 – L’agenzia di sicurezza civile Tendo
Parte 3

Evitando di ascoltare i rumorosi passeri che cinguettavano fuori dalla finestra, Rentaro vide nello specchio la faccia di un ragazzo che sembrava non aver voglia di fare nulla. Aveva delle borse sotto gli occhi semichiusi e nervosi a causa della mancanza di sonno e, più che una faccia disgraziata, sembrava la faccia di un demone. Aggiustandosi il colletto della giacca nera dell’uniforme, si legò la cravatta. Per qualche ragione, gli pizzicava il collo.
Non voglio andare a scuola, pensò dal più profondo del suo cuore.
La tv era rimasta accesa e stava trasmettendo l’oroscopo del giorno. Il Toro aveva la peggior sorte con il denaro, come al solito. Per rendere le cose ancora peggiori, il Toro aveva anche cattiva salute, oggi. Sperava che l’oroscopo si sbagliasse.
Spento il bollitore che fischiava acutamente, versò dell’acqua calda nella sua tazza di caffè istantaneo e si lasciò avvolgere dall’aromatica fragranza della mattina, chiudendo gli occhi e respirando profondamente.
Proprio allora, la porta dell’entrata si aprì con violenza.
“Rentaro, la proprietaria di casa ha detto che ci presta una bici!” disse Enju, fiondandosi in casa, di ottimo umore nonostante fosse mattina presto.
Il giorno prima, aveva abbandonato la sua bici vicino al luogo dell’incidente, quindi anche se poi se ne fosse pentito, sarebbe almeno stato giustificato per il ritardo. Ma ora la sua scusa per riposare più a lungo stava svanendo. Aveva un patto col presidente del consiglio studentesco e non poteva saltare scuola senza un buon motivo.
Finì il suo caffè e prese il telecomando per cercare un canale migliore. Proprio mentre stava per spegnere la tv, un reporter gridò, “Guardate qui!”, e Rentaro e Enju rivolsero la propria attenzione allo schermo senza pensare.
Il giovane reporter stringeva forte il microfono dall’eccitazione, in piedi di fronte al grande palazzo del Primo Distretto di Tokyo. Chiunque avrebbe riconosciuto immediatamente la nota strada lastricata e gli alberi splendidamente potati.
Proprio allora, la telecamera inquadrò una ragazza vestita di bianco su un balcone. Indossava strati su strati di tessuto bianco puro sottile come carta giapponese, la sua testa era coperta da un velo dello stesso materiale, e lo faceva sembrare un vestito nuziale. Il vestito sembrava una fitta coperta di neve.
La sua pelle e i suoi capelli erano bianchi.
“Signorina Seitenshi…”
La sua voce tremava come se la sua anima stesse lasciando il corpo con quelle parole.
Dieci anni fa, il Giappone era stato diviso in cinque aree. Lei era la comandante di una di queste: l’Area di Tokyo. Era la terza Seitenshi ed era stata posta in quella posizione dopo la morte del precedente Seitenshi. Con la sua bellezza fuori dal comune e con una sagacia che non era lì tanto per dire, questa ragazza aveva molto più supporto del primo e del famosamente eroico e coraggioso secondo Seitenshi.
“Rentaro, guarda.” Enju indicava l’uomo sulla settantina dal volto austero che stava vicino alla ragazza sorridente. Con il suo alto e dignitoso corpo vestito con un hakama(1) formale Giapponese, e dalla sua corporatura, sembrava far parte dei Servizi Segreti.
“Accidenti, è il vecchio, uh?” disse Rentaro.
Kikunojo Tendo, l’aiutante di Seitenshi, si occupava di tutto il suo supporto.
Dato che la posizione di Seitenshi era ereditaria, nell’Area di Tokyo, dopo aver perso la guerra, la posizione di aiutante era diventata la carica politica con la maggiore autorità. Quell’uomo anziano aveva reso la famiglia Tendo ciò che era.
Non prestando molta attenzione a quello che il reporter entusiasta stava dicendo, Rentaro borbottò con aria assente “Nessuno ha mai creato un governo senza classi dominanti, uh?”
“Oh, davvero? Comunque, non farai tardi?”
“Hmm? Oh!” Quando guardò l’orologio nella parte in alto a destra dello schermo, l’ora indicata lo fece sussultare.
In quanto normale studente e regolare dipendente di un’agenzia di sicurezza civile, non aveva niente a che vedere con i tipi del governo e non gli piacevano comunque i tizi in posizioni di potere. Spense la tv e affrettò Enju a uscire.
“Andiamo!” le disse lui.
Lei si aggrappò alla vita di Rentaro, con le gambe fuori dal portapacchi e urlò energicamente. Era la posa che lei chiamava “posizione alla Vacanze Romane (2)”.
La bicicletta prestata loro dalla proprietaria era ridotta in pessimo stato. I freni non erano lubrificati, e facevano un suono terribile ogni volta che venivano usati e i raggi erano così arrugginiti che cadevano dei pezzi ossidati mentre lui pedalava. Si chiese per quanti anni questo pezzo d’antiquariato era stato lasciato nel capanno degli attrezzi.
Ma queste cose furono subito dimenticate una volta iniziato a pedalare. Sforzandosi di mettere forza nei piedi sui pedali, si faceva strada comodamente fra la fresca aria mattutina. Enju dava un saluto caloroso agli studenti e agli uomini d’affari che incontravano occasionalmente. Se guardava attentamente, riusciva a vedere i Monoliti nel panorama che riflettevano lucentemente i raggi solari. Fra gli alberi che delineavano la strada, che brillavano di rugiada mattutina, la luce del sole filtrava, cambiava forma e lampeggiava come un caleidoscopio.
Lui si sentiva strano.
Dieci anni prima, la civiltà stava per essere distrutta per colpa dell’invasione dei Gastrea e un gran numero di persone furono uccise o trasformate in mostri. A quel tempo, le uniche espressioni sul volto della gente erano disperazione e disgusto che non aveva sfogo. Erano passati solo dieci anni. Ciò nonostante, erano già passati dieci anni.
Rentaro chiuse gli occhi e respirò l’aria primaverile dritta nei polmoni. Sentendo il clacson di una macchina che stava partendo in lontananza, delle emozioni si accumularono nel profondo del suo cuore.

* * *

Proprio mentre Enju urlava goffamente “Roma! Sì, Roma, senz’altro.” come la Principessa Ann (3), iniziò a vedersi in lontananza la sua scuola, la Scuola Elementare Magata. “Va bene.” disse lei. “Ora mi dedicherò ai miei studi. Dobbiamo separarci per un po’, ma non piangere mentre sono via.” Enju fece il suo saluto con la mano estesa galantemente.
Guardando il Liceo Magata due edifici più in là, Rentaro sospirò esasperato. “Ma dai, Enju. Staremo separati solo per poche ore. Non pensi che tutto ciò sia un tantino drammatico?”
“Se potessi farlo, staremmo insieme ventiquattro ore al giorno. Rentaro, perché non ti trasferisci nella mia classe? Voglio dire, non sei molto intelligente, no? Potresti cogliere l’opportunità per ricominciare dalla scuola elementare.”
“Dici le cose più strane così dal nulla. Non ferire il mio orgoglio.”
“Hmph,” sbottò lei, mettendo il broncio. “Allora fatti bocciare e aspettami per sei anni fino a che non divento una liceale al secondo anno. Questo è il mio ultimo compromesso. Prendere o lasciare.”
“Essere uno studente liceale di ventitré anni è sbagliato in più modi.”
“Non ci vedo niente di sbagliato.”
“Io sì. E comunque, se mi bocciassero così tanto, mi espellerebbero.”
“Come osano!? Voglio stare nella stessa classe di Rentaro…!”
Vedendo le studentesse ridacchiare mentre passavano, Rentaro si sentì arrossire e scrollò le spalle.
“B-bene, capisco. Comunque, Enju, dentro la scuola-“
Come se sapesse già cosa stava per dire, Enju scosse leggermente la testa e finì la frase per lui. “Lo so già. Per nascondere il fatto che sono una Bambina Maledetta, devo agire con la massima cautela in classe.”
Enju mostrava i suoi occhi freddi e spenti solo quando diceva cose del genere. Rentaro, a disagio, distolse lo sguardo. “Ok… Va bene, allora… Scusami.”
“Oh, buongiorno, Enju!” Una voce allegra proveniente dal loro lato li interruppe. Rentaro vide una ragazzina di circa l’età di Enju con i capelli crespi.
“Buongiorno a te, Mai. Sono contenta che tu stia bene.”
“Parli in modo strano, come sempre,” disse la ragazzina. “Comunque, hai guardato Tenchu Girls ieri?”
“Certamente. Il nichilismo di Tenchu Black che non faceva capire se fosse amica o nemica era eccellente, come mi aspettavo.”
Probabilmente era una compagna di classe. Una volta che le ragazze avevano iniziato a parlare del cartone, non avevano più occhio per Rentaro. Anche se l’attenzione di Enju gli era stata soffiata in un secondo ed era stato velocemente dimenticato, guardando le due parlare, il suo volto si lasciò andare ad un sorriso. Si sentì stupido per essersi preoccupato anche per un istante della sua vita scolastica. “Beh, io ora vado, Enju.”
Prima che lei potesse dire qualcosa, lui si girò e inforcò la bici. Continuò ad andare finché non arrivò ai posti per le bici del Liceo Magata, due edifici più in là. La campana dell’inizio delle lezioni cominciò a suonare proprio mentre parcheggiava la bici e metteva il lucchetto.
Rentaro fece schioccare la lingua. Era in ritardo. Guardando la scuola con un’espressione priva di ambizioni, considerò seriamente il ritornare a casa. Invece, prese la borsa e curvò le spalle, camminando lentamente verso la scuola. Era l’inizio di un’altra noiosa giornata.

Dormì durante l’ora di giapponese e, durante quella di matematica, fu richiamato tre volte, ma l’insegnante si arrese dopo essere stato ignorato altrettante volte. Durante l’intervallo, la ragazza che assomigliava un roditore ed era la rappresentante di classe, lo avvicinò nervosa, provando a fargli completare un sondaggio che era stato fatto da tutti tranne che da lui, ma lui ignorò anche lei e lei se ne andò, come se stesse per scoppiare in lacrime.
Una ragazza invadente che sembrava la sua protettrice arrivò per dire, “Ehi, non pensi di essere stato un po’ sgarbato?” ma lui ignorò anche lei.
“Bene, fai quello che vuoi, idiota!” disse lei, tornando alla cerchia delle ragazze.
Rentaro sentì qualcuno dire, “Ma quel tizio ci è o ci fa? Perché sta qui?”
Guardò fuori dalla finestra verso i lontani Monoliti, sbadigliando.
Proprio quando la quarta ora era terminata, il telefono nel taschino della sua giacca iniziò a vibrare. Chi mi chiama a quest’ora del mattino? pensò lui strofinandosi gli occhi assonnati e guardando lo schermo. Guardando stancamente il nome di chi chiamava, aspettò altri dieci squilli per far agganciare l’altra persona, ma si arrese allo squillo persistente del telefono e premette il tasto RISPONDI. “Cosa vuoi a quest’ora del giorno… Presidente?”
“Non chiamarmi presidente quando non stiamo lavorando. Beh, ti sto chiamando per lavoro, però.” Dall’altoparlante del telefono, poteva sentire la voce di Kisara chiara come una campana.
“Riguarda il caso di ieri?”
“Sì, ti fornirò più dettagli in macchina. Comunque, vieni con me al Ministero della Difesa per ora.”
“Uh?” Pensò di aver sentito male. Il Ministero della Difesa non era responsabile per la difesa nazionale del Giappone? Uh? “E-ehi, di che stai parlando…?”
“Guarda fuori dalla finestra.”
Curvandosi, fece come ordinato e guardò fuori dalla finestra. Quando lo fece, vide una limousine nera scura parcheggiata di fronte ai cancelli della scuola, e tirò il fiato. “Mannaggia, ok, arrivo.”
“Idiota. Troppo tardi. Sono dietro di te.”
“Uh…? Woah!” Preso alla sprovvista, lasciò andare un grido patetico senza pensare. Dietro di lui c’era qualcosa di così bello che faceva male al cuore quando appariva all’improvviso. Capì che le altre persone della sua classe erano anche loro confuse per l’improvvisa apparizione di qualcuno di un’altra scuola.
“Dai, andiamo.”
“E-e la scuola?”
Kisara si mise le mani sui fianchi e lo fissò come stesse dando una sbirciatina in basso. “Anche io ho lasciato l’Accademia Miwa per questo, sai. Scuola o lavoro, cos’è più importante? Questo mese, abbiamo avuto zero guadagni grazie a qualcuno, ricordi? Satomi buono a nulla.”
Rentaro distolse lo sguardo da Kisara. “Per qualche motivo, preferisco di più il lavoro…”
“Molto bene. Allora vieni.”
Cercò di trovare un’opportunità per scusarsi per il giorno prima, ma mancò completamente l’occasione. Oh beh, pensò, camminando curvo, due passi dietro Kisara, che tagliava il vento con le sue spalle. Ogni studente che passava vicino a Kisara si fermava e la guardava a bocca aperta.
“Quella non è l’uniforme dell’Accademia Miwa?”
“Non ci credo, la stessa Accademia Miwa frequentata dalla Seitenshi?”
“È una scuola per ragazze ricche, vero? Wow, guarda quant’è bella. Chi cavolo è?”
“Non ci credo, non ci credo, non ci credo!”
“Ehi, chi è quello che cammina dietro di lei?”
“Chi lo sa? Un servitore, credo.”
Un ragazzo della vostra classe! Almeno ricordatevi la mia faccia!
Rentaro rispose silenziosamente alle voci mentre seguiva Kisara.
Uscendo dal cancello della scuola, Kisara entrò nella limousine – o almeno lo fece intendere, visto che tornò indietro e passò oltre galantemente.
“Ehi, finta ragazza ricca,” la chiamò Rentaro.
“Lo sapevi, Satomi?” disse Kisara. “Puoi chiamare una limousine col telefono.”
“Allora perché non entri?”
“Se lo faccio, vorranno essere pagati.”
“Li hai chiamati per scherzo?”
“Non preoccuparti. Ho falsificato la voce e ho dato loro un nome falso.”
“No, no, non è quello il problema.”
“Oh, Satomi, guarda. Un chihuahua randagio.”
“Ascoltami!”
Kisara corse verso il cane e iniziò a giocarci. Quando lei si piegò per accarezzargli la testa, il chihuahua randagio iniziò a leccarle la mano e lei rise perché le faceva solletico. Mentre Rentaro le guardava il profilo del volto, il suo cuore iniziò a battere violentemente.
“Satomi, hai qualcosa che posso dargli da mangiare?”
“Oh, uh?” disse lui, sorpreso. “Mmh, sì, ho qualcosa. Un sacco di cani randagi vengono nel nostro giardino e ad Enju piace dar loro da mangiare. Tieni,” disse, tirando fuori una borsetta di carne essiccata dalla sua tasca posteriore e dandola a Kisara.
Lo stomaco di Kisara tuonò dal vuoto. Kisara fissò la carne essiccata per un po’. Prima che lui riuscisse a reagire, lei la prese dalla sua mano con la forza di uno scippatore, si girò dandogli la schiena, e poi – fra tutte le cose – iniziò a mangiarla.
Rentaro la guardava a bocca spalancata, incapace di muoversi.
Il povero chihuahua, a cui era stato rubato il cibo, iniziò a tremare, guardando in alto con grandi e umidi occhi da cucciolo.
Poco dopo, Kisara, che era rossa fino alle orecchie, girò il collo per guardare Rentaro. “Cosa? Hai qualcosa da dire?”
“Kisara, quella era per il cane.”
“Ero un cane nella mia vita precedente!” Si era spostata verso la fase “irragionevole” della discussione.
“Kisara, dammi la zampa.”
Kisara lo fissò con uno sguardo che poteva uccidere, ma poco dopo, si morse il labbro inferiore e mise la propria mano sul palmo di Rentaro, rossa come un’aragosta bollita girando di scatto la testa.
Se lo trovava così umiliante, perché gli stava dando la mano?
“Girati.”
Kisara girò su sé stessa.
In qualche modo, iniziava a essere divertente.
“Fai pipì.”
“Pervertito!”
“Aspetta, c’era un comando del genere?”
“Sei un pervertito, Satomi!”
“A parte gli scherzi, Kisara, hai davvero così tanti problemi ad arrivare alla fine del mese?”
Kisara guardò in basso, imbarazzata, e tirò fuori il suo portafogli, aprendolo per mostrarglielo. Guardando dentro, egli sentì improvvisamente il bisogno di coprirsi gli occhi con le mani. Non aveva mai realizzato che fosse caduta così in basso. “Ehi, Kisara… Non devi pagare di proposito un sacco di soldi per andare a una scuola per ragazze ricche. Potresti semplicemente andare a una scuola pubblica, no?”
“Andare all’Accademia Miwa è tutto ciò che mi è rimasto dell’orgoglio di una Tendo,” disse lei sprezzante. “Me lo posso permettere, no? Sono i soldi che faccio organizzando gli esigui beni che ho come azioni e cambi.”
“Ma Kisara, pensavo odiassi essere chiamata una Tendo?”
“Il come le persone mi vedono è un problema diverso, non è vero?”
“Beh, sì… Lo è, ma…” disse Rentaro. Provò un approccio diverso.
“Bene allora, come hai intenzione di portarmi al Ministero della Difesa con quello che ti è rimasto nel portafogli?”
Kisara sorrise in un modo estremamente affascinante. “Satomi, hai ritirato soldi dal bancomat due giorni fa, non è vero?”
Rentaro distolse lo sguardo da Kisara. Il suo capo stava cercando di spillargli dei soldi!
“Satomi, hai ritirato soldi dal bancomat due giorni fa, non è vero?”
“L’ho fatto, ma…” La sua voce si affievoliva.
“Satomi, sei davvero un gran lavoratore, così forte, così affidabile!”
“Pensavo che mi chiamassi ‘buono a nulla’ e ‘debole’ e ‘inaffidabile’.”
“Quello era ere fa. Mi sono dimenticata da tempo di quella roba.”
“Era ieri, vero?”
“Quello era ere fa. Mi sono dimenticata da tempo di quella roba.”
“Te lo metto in conto.”
“Ti ripagherò nella prossima vita.”
Era scioccato di sentire tutto questo venire dalla bocca di una imprenditrice.
Rentaro sospirò pesantemente. “Ok, va bene! Però sbrighiamoci e andiamo.”
Appena Rentaro iniziò a camminare, Kisara gli afferrò la manica e guardò in basso. Vedendo tutto questo, Rentaro si scocciò. “Che succede, c’è qualcos’altro che vuoi dirmi?”
“Um…,” disse lei. “Satomi, la carne essiccata… Ce n’è rimasta ancora?”
Alla fine, diede a Kisara gli ultimi due pezzi di carne essiccata e lei li mangiò lì in quel momento.
Il chihuahua randagio guardò Kisara con un’espressione tradita sul volto.

“È un po’ tardi per dirlo, ma va bene se non andiamo a prendere Enju?”
Al suono dell’avviso di partenza del treno, le porte si chiusero con un soffio d’aria. Erano gli unici nel vagone.
Kisara si raccolse i capelli così da mostrare la nuca e guardò Rentaro. “Non è che andiamo a combattere. È qualcosa che farebbe annoiare Enju a morte.”
“Oh, va bene.” Rentaro capiva. Quindi sarebbe stato chiesto loro dell’incidente di ieri. Ma non era abbastanza il solito rapporto?
“Non ho sentito nemmeno io i dettagli, ma mi hanno detto semplicemente di andare. Odio i burocrati. Hanno il coraggio di dire agli ufficiali siciv che proteggono l’Area di Tokyo che dovrebbero essere grati se ricevono lavoro da loro.”
“Allora avresti dovuto semplicemente rifiutare questa volta.”
“Impossibile. Se ci danno almeno il più vago accenno al fatto che non daranno lavoro a persone deboli come noi, allora non abbiamo altra scelta che obbedire.”
Rentaro sospirò. “Anche se siamo ufficiali ‘civili’, siamo ancora attaccati con un filo al governo, uh?”
“Sono gelosi. Teoricamente, non ci sono limiti alle abilità delle Initiator. Una Initiator di alto rango sembra esser forte abbastanza da poter determinare l’equilibrio degli eserciti mondiali. È per questo che il governo generalmente vuole avere tutti gli ufficiali siciv sotto controllo per gestirli.”
“Vogliono avere la loro torta e pure mangiarla. Ma aspetta, significa che stiamo per entrare in territorio nemico, in un certo senso?”
Kisara abbassò le sue lunghe ciglia e annuì leggermente. “Oh caro, l’hai notato adesso? È per questo che sono venuta a prenderti, mia guardia del corpo. Sei l’unico da cui posso dipendere, quindi hai bisogno di essere forte, ok?”
Dentro la testa di Rentaro, solo le sue ultime parole continuavano a riecheggiare e, gradualmente, iniziarono ad accumularsi emozioni profonde.
Proprio in quel momento, un peso leggero cadde gentilmente sulla sua spalla, e lo fece sussultare. Kisara stava appoggiando la testa sulla sua spalla. Lei sbattè le sue pesanti palpebre, infastidita. “Scusa… Ho un po’ di sonno. Prestami la tua spalla. Sono sempre così dopo mangiato. Non posso nemmeno dormire, a scuola…”
“Non puoi dormire?” chiese lui. “Perché no?”
“Sono… Una Tendo… Dovrei essere un modello per tutti. Non posso far vedere un lato spiacevole di me.” Era arrivata al suo limite. Mentre le forze le abbandonavano il corpo, un peso cadde sulla sua spalla. Sembrò davvero essersi addormentata.
Clang, clang, faceva il treno, correndo con un ritmo rilassante.
La luce solare che si faceva strada fra le finestre cambiò le ombre e illuminò il volto di Kisara.
Attento a non svegliarla, Rentaro girò lentamente la testa verso di lei, e gli occhi gli andarono al seno, che normalmente non avrebbe mai guardato direttamente. Fra la sua sottile spalla e la grande area scoperta intorno al suo collo c’era la bella linea della sua clavicola. Il gentile gonfiore che premeva la sua uniforme scolastica si alzava e cadeva lentamente a una distanza che sembrava abbastanza vicina da poter toccare.
Lo sguardo di lui andò dai suoi occhi alla punta del suo naso al suo volto ben fatto, alle labbra e ai capelli lunghi. Una dolce fragranza, che non era profumo o shampoo, lo inebriarono. Ogni volta che il suo leggero respiro colpiva il collo di Rentaro, lui si sentiva come se fosse rimasto scioccato. È bellissima, pensò lui.
“Satomi…”
Lui quasi le rispose, realizzando poi che stava parlando nel sonno. Ma le parole che uscivano dalla sua bocca gli facevano male al cuore.
“Satomi… la mia vendetta… aiutami… uccidi… Tendo…”
Aspettò per un po’ di tempo prima di dire, “Lo farò.”
Kisara aggrottò le sopracciglia e si raggomitolò, iniziando a tremare dalla paura.
“Pa…dre… Madre… no… non morite… Satomi… aiutami…”
Rentaro mise il braccio intorno alla spalla di kisara e la abbracciò forte senza dire una parola.

(1)Indumento tipico giapponese simile a una larga gonna a pieghe, legato alla vita e lungo fino alla caviglia.
(2)noto film del 1953 in cui l’attrice protagonista, Audrey Hepburn, si siede in questo modo su una Vespa.
(3)Altro riferimento a “vacanze romane”. Guardatelo, è un bel film.

Traduzione: Auros
Check: Misaka
Adattamento: Aletorty

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